Nella “città dell’accoglienza” la tendopoli della vergogna

I frutti peggiori nascono nella stagione dell'ipocrisia, e non li mangia nessuno

La primavera a Siracusa non è solo la bella stagione. È anche la stagione dell’ipocrisia. A pochi mesi dalle dirette TV nazionali in quel di Capo Santa Panagia, allorquando gruppi di cittadini e associazioni invocarono l’accoglienza “senza sé e senza ma” dei poveri migranti giunti dall’Africa a bordo della nave “Sea-Watch”, il clamore per l’”umanità negata” sembra essere quasi svanito.

Eppure, anche quest’anno, a Cassibile si rinnova o meglio si celebra la “risurrezione” della “tendopoli della vergogna”. Ebbene sì, lo sanno tutti, se ne è parlato molto nelle ultime settimane, nel rispetto quasi maniacale di un copione che si ripete ogni anno. Tutti conoscono le condizioni in cui centinaia di poveri esseri umani si ritrovano a vivere e a lavorare. Non occorre certo ripeterle tra le pagine di questo blog. Ma nessuna bandiera arcobaleno sul posto, nessuna manifestazione, nessuna “ONG”, questo sì, lo diciamo. Così abbiamo ripreso la tendopoli con un paio di scatti, da lontano, come a voler sottolineare la distanza tra la percezione e la realtà.

Lontano dalle dirette TV nazionali dunque, rimangono i cassibilesi, ritrovandosi ancora una volta (particolarmente quest’anno), a dover denunciare una situazione al limite della sostenibilità. Soli. Fin quando, leggendo nei giornali, salta fuori la proposta di realizzare una sorta di alloggi di emergenza legalizzati, un sistema provvisorio a costo zero per le casse pubbliche, ipotizzato sembrerebbe da Comune e Prefettura.

Bene, sorvoliamo sul merito della proposta, che per quanto ci è dato sapere non trova esattamente l’entusiasmo della comunità cassibilese (a proposito, gli è stato chiesto un parere?). La nostra sensazione è che, come sempre avviene in questa strana nazione, si tenda ad affrontare i problemi sempre dai bordi, e mai puntando dritto in faccia a quella che è la realtà. E la realtà è che questa povera gente, non solo vive in condizioni al limite della decenza (nel campo improvvisato non c’è acqua corrente, elettricità o servizi igienici), ma sembrerebbe essere sfruttata dal punto di vista delle prestazioni e condizioni lavorative, ed anche sottoposta allo sconcertante fenomeno conosciuto come “caporalato”.

Il sembrerebbe è sempre dovuto e precauzionale. Ma noi abbiamo parlato con due ragazzi che in quel campo improvvisato all’ingresso di Cassibile vi hanno stabilito il proprio giaciglio di fortuna, e che ci hanno raccontato una realtà ingiusta, sulla quale non vogliamo scendere nei particolari, ma che ovviamente tutti conoscono. In fondo non è mica una novità nemmeno questa, tanto è vero che negli anni scorsi più volte il fenomeno del caporalato è stato oggetto di indagini e denunce da parte delle autorità, nel territorio siracusano.

Inoltre, sembrerebbe che non tutti gli aspiranti lavoratori riescano ad essere “selezionati” giornalmente, e che di conseguenza gli sfortunati mingherlini non mangino anche per diversi giorni. Con tutti i pericoli che ne conseguono..
E come viene vista la soluzione degli alloggi previsti da Comune e Prefettura dagli stessi eventuali beneficiari? Non bene, dal momento che non tutti i lavoratori stranieri hanno il permesso di soggiorno, e un tale sistema metterebbe a rischio la loro posizione già precaria e complessa.

Eppure la legge per contrastare il “caporalato” e garantire diritti umani ai braccianti agricoli, è stata rinforzata e approvata nell’ottobre 2016. Ma lo spirito con cui questa legge è stata approvata non contemplava certo la costruzione di baraccopoli di emergenza quale essenza del provvedimento stesso. Invero è stata approvata per contrastare duramente lo sfruttamento dei lavoratori, il lavoro nero, i salari inadeguati, gli orari di lavoro insostenibili, i pagamenti imposti per il servizio di trasporto presso i campi di raccolta e di beni di prima necessità, e talvolta persino l’imposizione di alloggi (fatiscenti nel più dei casi). La legge deve servire ad abbattere il fenomeno, aggredendo penalmente tutte le figure attrici nel sistema, imprenditori agricoli compresi, per i quali è prevista la confisca obbligatoria dei beni, del denaro o di quanto pertinente alla responsabilità dei perseguiti. Estirpare il problema alla radice insomma.

Se si vuole davvero risolvere il problema, si faccia dunque in modo che a mancare non sia il lavoro, ma gli schiavi.

 

Commenti
Loading...